San Paolo di Tarso (nato Saulo; Tarso, 5 – Roma, 67) è stato un apostolo ma non fu tra i dodici apostoli, in quanto non conobbe Gesù durante la Sua vita terrena. Paolo di Tarso viene considerato fra gli apostoli in quanto massimo diffusore del messaggio evangelico e, secondo molti, la più importante figura nello sviluppo del Cristianesimo. Nello stesso tempo rappresenta un grande esempio di fede, per la quale cambiò completamente ed improvvisamente la propria vita, in seguito ad un evento da lui stesso descritto miracoloso, abnegandosi esclusivamente per la diffusione del Vangelo di Gesù Cristo, e per il quale testimoniò fino alla morte.


L’infanzia e il persecutore

Nacque a Tarso tra il 5 e il 10 d.C. da una famiglia ebrea della diaspora. Essa era a quel tempo città cosmopolita, dove vi era una fiorente comunità ebraica, di cui faceva parte il padre commerciante di tende. Crebbe nel tipico ambiente della città di cultura ellenistica ma con una perfetta educazione ebraica che completò a Gerusalemme sotto la guida del maestro Gamaliele il Fariseo; imparò l’ebraico dai genitori e il greco dalla scuola, divenendo praticamente bilingue. Come tutti i veri ebrei imparò il mestiere del padre, cioè costruire tende, mestiere che continuò a fare anche durante l’apostolato per il mondo. Morì martire a Roma nel 67 dopo due anni di prigionia. Ricevette il compito di andare a Damasco ad imprigionare i cristiani di quella città. Fu particolarmente zelante e deciso contro la religione di Gesù, che cominciava a diffondersi e affermarsi. Dagli scritti che gli sono attribuiti emerge l’immagine di un «uomo tutto d’un pezzo», incapace di compromessi, ardente ed impetuoso, portato ad arrivare in fondo alle cose di sua competenza senza risparmio e senza riserva di sé. Tale temperamento lo rese dapprima terribile persecutore dei Cristiani e poi, una volta convertito, instancabile diffusore del Cristianesimo in tutto il bacino del mar Mediterraneo, tra difficoltà, pericoli e fatiche di ogni genere, e con uno zelo incontenibile. Uomo sensibile, facile alla commozione, risulta capace di amare ardentemente i «suoi» fedeli e le «sue» comunità.

La conversione

Abbiamo tre descrizioni della conversione di San Paolo. Quella degli Atti ad opera di Luca e le altre due ad opera di Paolo stesso, la prima durante l’arringa descritta in Atti 22, 3-16, dopo l’arresto e la seconda davanti al Tribunale di Erode Agrippa I. Secondo il suo stesso racconto, mentre a cavallo si recava a Damasco, per arrestare i cristiani fuggiti da Gerusalemme, sarebbe caduto a terra accecato da una luce intensa e sentendo la voce di Gesù che gli chiedeva il motivo della sua persecuzione. Da quel momento narra di essere rimasto cieco per tre giorni, senza mangiare e bere nulla, recuperando la vista solo dopo l’imposizione delle mani da parte di Anania, un cristiano inviato da Dio quale missus dominicus. Tale evento prodigioso lo cambiò totalmente e lo spronò a compiere la sua missione essendo stato chiamato direttamente dal Cristo. Sarà da allora testimone della Grazie di Dio tanto che si parlerà di lui come di “cantore della Grazia”, cioè della fede come Grazia di Dio. Secondo il racconto degli Atti degli Apostoli comunque Anania stesso gli comunicherà che lui è stato scelto da Dio per evangelizzare il mondo. Dopo la conversione Paolo si ritirò per un tempo non precisato nel deserto dell’Arabia a sud di Damasco forse per pregare, riflettere e meditare le Sacre Scritture; poi tornò a Damasco. Ma qui iniziò a predicare provocando l’ira dei giudei che tentarono di prenderlo per ucciderlo. Fuggirà più volte nel corso della sua vita. San Paolo partirà da Antiochia per compiere tre lunghi viaggi per l’evangelizzazione nell’arco di 12 anni, dal 45 al 57. Morì martire a Roma nel 67 dopo due anni di prigionia.

San Paolo